Maurizio Ferraris – Dopo la vita cosa?

ConiglioViola. Pippo Baudo trai Santi Al Bano & Romina Power. 2008

ConiglioViola. “Pippo Baudo trai Santi Al Bano & Romina Power”, 2008

Un esercizio utile sarà confrontare il video dei due fanciulli morti con una esecuzione  di questa canzone su YouTube. Io ne ho trovata in particolare una del Festival di San Remo, con tutto lo splendore di Al Bano e Romina dei tempi gloriosi. Apparentemente, parlano, come sempre accadeva nel loro caso, della felicità e della semplicità della vita di coppia.

La felicità non è solo un bicchiere di vino e mangiare un panino, come suggerivano in un altro celeberrimo hit in cui non sarà difficile trovare un retrogusto cristologico, ma è anche superare la vana curiositas (il sogno delle hawaii), l’inautenticità, per accedere all’amore vero, quello tra Al Bano e Romina anzitutto e per tutti.Ma questa non è che la prima lettura. E’ chiaro che dopo questa riconciliazione in terra ce ne è un’altra che aspetta in cielo (“devi crederci”), là dove è silenzio e tenebre la gloria che passò, ma dove, d’altra parte, si fa strada un mondo migliore ed anche “un modo più umano per dirti ti amo”.

ConiglioViola ha capito il segreto di Al Bano e Romina, lo ha stanato. Stanno parlando della vita dopo la vita. E l’esercizio di ConiglioViola mi ha suggerito l’impressionante affinità delle strofe della canzone con i  versi di Giovanni Raboni (da Quare tristis, L’opera poetica, I Meridiani Mondadori, p. 997): “Dopo la vita cosa? ma altra vita, | si capisce, insperata, fioca, uguale, | tremito che non s’arresta, ferita | che non si chiude eppure non fa male”.

Ma l’esercizio, credo, non finisce qui, non si esaurisce nello smascheramento del messaggio profondo di Al Bano e Romina.  Siamo un po’ nella situazione di The Others, il film del 2001 con Nicole Kidman, in cui per buona parte della storia crediamo di avere a che fare con dei vivi che hanno paura dei morti, e poi scopriamo che i morti sono proprio quelli che credevamo vivi, e che dunque stavamo guardando la vita con gli occhi della morte, e non la morte con gli occhi della vita.  Se mi si passa il riferimento scolastico e saccente, è anche la situazione delle mummie di Federico Ruysch: “Come da morte |Vivendo rifuggia, cosí rifugge |Dalla fiamma vitale | Nostra ignuda natura | Lieta no ma sicura”. La morale è molto semplice. Chi ha detto che il pop rifugge la morte? La fuggono la politica e purtroppo, spesso, anche la religione, oggi così restie a ricordarci che moriremo, e anzi (nel caso della politica) così disposte a prometterci centovent’anni di vita. Ma il pop non si direbbe che fugga la morte, la guarda in faccia.

Abbiamo i trionfi della morte di testi come The End dei Doors (“My only friend, the end”), che in Apocalypse Now ha trovato una nuova forza mescolandosi con la dannazione di Kurz (“l’orrore, l’orrore”). Abbiamo, passando dal pop del Novecento a quello del Settecento, dei culti cruenti, all’epoca in cui Federico il Grande esortava i suoi soldati al grido di “Cani, credevate di vivere in eterno?”. Di questi culti si trovano delle tracce in luoghi insospettabili, per esempio nella Marsigliese, dove non solo abbiamo il consiglio di “sgozzare i feroci soldati” della reazione, in modo che il loro “sangue impuro abbeveri i solchi” delle campagne francesi, ma anche l’auspicio che, nell’istante della morte, facciano ancora in tempo a contemplare la gloria delle armate della libertà (“Que tes ennemis expirants | Voient ton triomphe et notre gloire!”). Tutte amenità commoventi che fanno vibrare la  erre di Mireille Mathieu e piangere maschi e femmine in Casablanca.

E abbiamo anche tante canzoni pop escatologiche, per esempio quelle di Paolo Conte, che a volte è nichilista (“Areonautico è il cielo | vuoto, abissale sarà | senza orologi quel viaggio | tra stelle e cenere andrà”), ma altre volte è speranzoso (“un’ altra vita per noi| oltre il dialetto che hanno i santi,| arcano come certi amanti…|un’ altra vita verrà, e un’altra vita sarà | oltre le lune e gli uragani | e le tue mani sopra le mie mani…”), in cui a volte compare Dio in persona, il padrone che non ti darà la sua bici.

In queste canzoni, su questo solco, potremo d’ora innanzi inserire anche Al Bano e Romina, grazie alla decostruzione di ConiglioViola.

Maurizio Ferraris

Trackback & Ping

  • CONIGLIOVIOLA » Fine Primo Tempo :

    […] volume edito in occasione di questa esposizione il filosofo Maurizio Ferraris firma una singolare interpretazione critica dell’opera e del […]

    10 anni ago